Le parole sono “la tecnologia più antica e potente”

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Con una formazione in storia dell’arte e una lunga esperienza nella comunicazione di un’azienda “grande, grandissima”, Luisa Carrada oggi aiuta le aziende e le organizzazioni a trovare le parole giuste per raccontare la loro vita. È autrice di numerose pubblicazioni sulla scrittura e condivide idee e suggestioni sulla sua professione e la sue passioni sul blog del suo sito, Il Mestiere di Scrivere. Ah! Se siete amanti dell’archeologia digitale continua a esistere anche la versione vintage.

Le abbiamo chiesto di regalare a noi e ai nostri lettori un po’ di ispirazione per il 2020.
Buona lettura.


Qual è stato il tuo percorso professionale? Cosa ti ha portato a fare il lavoro che svolgi oggi ed essere la professionista che sei?

Sono laureata in lettere moderne, con specializzazione storico-artistica. L’arte è sempre stata per me una passione dominante, fin da piccola. Purtroppo lavorare in campo artistico, e viverci, è davvero difficile. Così ho conservato la passione, ma ho cambiato strada molto presto. Ho colto delle buone occasioni e ho cominciato a lavorare felicemente nella comunicazione aziendale, dove mi sono sempre occupata di scrittura, già in tempi in cui non se ne parlava affatto. In un certo senso, questa è stata una fortuna, perché ho potuto imparare tutto sul campo e cominciare in un mercato sì immaturo, ma anche del tutto nuovo, in cui era facile farsi notare.

Come si è trasformato il tuo lavoro e il tuo profilo negli anni?

La vera svolta è stata passare da dipendente di una grande azienda a libera professionista. Svolta, nel senso che è davvero cambiato tutto, soprattutto passare da scrivere sempre sugli stessi temi a scrivere su aziende, prodotti e servizi dei più diversi settori di mercato. Una cosa che ti chiede di studiare e di cambiare prospettiva di continuo, a volte un po’ stressante, ma sempre superinteressante perché vieni in contatto con realtà e problemi che mai immagineresti e dai quali impari ogni volta.

Negli anni il mio profilo si è sviluppato sempre più verso le attività laboratoriali di scrittura all’interno delle aziende, qualche volta delle amministrazioni pubbliche, per risolvere attraverso le parole problemi molto precisi e concreti. Anche qui, la varietà la fa da padrona: ho affrontato negli anni i problemi più diversi. Da scrivere sui social fino a quelle che chiamo “le scritture complesse”, come scrivere report chiari e leggibilissimi da parte delle funzioni di audit o risk management di un grande gruppo bancario.

Cosa consiglieresti a un giovane studente ai primi passi nel mondo del lavoro che vuole avvicinarsi a questa professione?

Primo: non smettere, neanche per un minuto, di essere curiosi e di avere voglia di scoprire e imparare. Viviamo un periodo di totale rivoluzione del testo scritto, e altre rivoluzioni ci attendono. Quindi ci serve tutto quello che abbiamo imparato e che continuiamo a imparare, preparandoci però alle più inedite novità.
Secondo: frequentare altre lingue e linguaggi, dall’inglese alla fotografia, alle arti visive fino alle discipline corporee. Nella scrittura può confluire di tutto, e più vari sono i nostri interessi, più ricchi saranno le nostre idee e i nostri testi.

Cosa invece dovrebbe evitare di fare?  

Il contrario, cioè sedersi e pensare che con il corso di studi accademico il grosso sia ormai fatto. Non è così, anzi è proprio allora che comincia l’avventura.

Un libro che consigli.

Uno solo? Proprio difficile scegliere… però se proprio devo sceglierne uno direi Fifty Writing Tools di Roy Peter Clark, il più bravo docente di scrittura statunitense, che ha formato un buon numero di premi Pulitzer. Il libro è una delizia: presenta appunto 50 attrezzi per scrivere bene, corredati da esempi ed esercizi. Per me la sua lettura è stata decisiva, sia per i contenuti sia per la forma in cui sono esposti, leggera, allegra e molto “spacchettata”, cioè modulare, facile da leggere e da consultare. In tutti i miei libri l’ho avuta come modello e la mia ambizione è sempre stata di avvicinarmi allo stile Clark almeno un po’.

Un progetto che ti ha entusiasmato.

Tanti progetti mi sono piaciuti, da tanti ho imparato, ma quello che mi ha entusiasmato davvero è stato l’ultimo, forse perché è ancora fresco di studio e di emozioni. Il copywriting del sito di una startup che unisce in modo originalissimo vita quotidiana e digitale, in cui ho scritto proprio tutto, dal testo delle pagine ai microcopy, ai metadati. È una cosa che non mi capita spesso e ho trovato molto appagante poter “orchestrare” interamente le parole di un sito, curarne anche gli echi e i rimandi interni, perché tutto fosse vario e vivace, ma profondamente compatto e coerente.

Una passione che ti aiuta a prendere fiato e trovare idee per il tuo lavoro.

Sicuramente lo yoga, ma penso questo valga per tutte le discipline corporee, in cui chi lavora soprattutto con la testa trova spazi di tranquillità e di vuoto, i più propizi alla nascita di nuove idee e progetti.

Un personaggio che ti ispira.

Per il mio lavoro ho tantissimi maestri e maestre: da ognuno ho preso qualcosa, ma forse quello che continua a ispirarmi è Bruno Munari. Lo so che è inarrivabile per tutti noi, ma adoro il suo candore, che gli ha permesso di progettare oggetti che soddisfano bisogni molto speciali: essere sereni, riuscire a sorridere e a meravigliarsi, vivere momenti di bellezza e felicità nella vita di tutti i giorni. Il “designer dai mille occhi”, come lo definiva Umberto Eco.