Immaginare è reinventare il passato

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«Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più». Da questa scintilla di Annie Ernaux nasce il progetto RAMI di Sabrina Ramacci.

RAMI è un progetto sulla memoria e sulla nostalgia: lettere, diari, liste della spesa, riviste, cartoline, fotografie e altri materiali d’archivio vengono trasformati dando vita a creazioni artistiche che esplorano il passato attraverso le nostre memorie private.

Abbiamo intervistato Sabrina: ci ha raccontato che immergersi nella storia degli altri, alla fine, fa scoprire anche sè stessi. Dicevamo, le persone non sono la più grande ispirazione per un designer?


Ci racconti come nasce il tuo progetto creativo? Qual è la scintilla che lo innesca?  

RAMI (Rescued Archive Memories Initiative) è un progetto multi-disciplinare che esplora il modo in cui vediamo il passato attraverso le nostre memorie private. Lettere, diari, liste della spesa, riviste, cartoline, fotografie e altri materiali vengono trasformati in fanzine e opere che offrono scorci sul passato e su momenti di intimità rielaborati attraverso il concetto di hauntology.
La nostalgia del passato e i fantasmi del futuro: è questo il sentimento che anima il mio progetto artistico, la scintilla che lo innesca. L’hauntology (la nostalgia per il futuro perduto) è un sentimento ma è soprattutto un concetto filosofico del francese Jacques Derrida, in seguito ampliato da Mark Fisher e Simon Reynolds.
RAMI genera incursioni continue in ambiti affini al tema della memoria e della nostalgia, tutti territori connessi alle mie indispensabili ossessioni: i timbri e le cartoline, la fotografia e le fanzine, la calligrafia e l’inchiostro, la grafica e la stampa. Un infinito elenco di suggestioni.

RAMI – Artwork 5_6

Il giornalismo fa parte della tua vita professionale. Qual è la differenza tra uno strumento di ricerca sulle persone come l’intervista e uno come la creazione artistica di cui ti occupi?

In realtà oggi scrivo raramente, collaboro con FrizziFrizzi e per lo più con agenzie di comunicazione in qualità di copy.
Ciò nonostante l’esperienza giornalistica mi ha aiutato molto, soprattutto all’inizio della mia ricerca artistica.
In un certo senso continuo a cercare e raccontare storie ma le domande che pongo non trovano risposte reali.
Posso chiedere ai volti di una foto chi siete? Dove siete? Cosa state festeggiando? Posso leggere una lettera e cercare di capire cosa ha preceduto le parole del mittente o quali emozioni avrebbero generato nel destinatario, ma le risposte non ci sono, non nella realtà. Le risposte sono le mie opere.
La mia pratica artistica è una routine: cammino molto, sempre alla ricerca di messaggi scritti e poi abbandonati sull’asfalto, oppure di vecchie fotografie e cartoline che trovo da robivecchi e antiquari. Tutti materiali privati che salvo e archivio. A quel punto la routine muta, si libera e così trasformo le memorie in opere e le “lascio andare”, modifico il loro destino immaginando la storia che raccontano.

RAMI – Berlin 1_2

Noi di UXU Edizioni proviamo a raccontare sistemi complessi come le organizzazioni, le informazioni, le aziende mettendo al centro la prospettiva di persone con bisogni, desideri, emozioni. Qual è il desiderio o il bisogno che le persone soddisfano acquistando una tua opera?

Come dicevo il mio lavoro creativo è solo un tramite e le memorie sono un cantiere aperto, di volta in volta protagoniste di nuove storie. I collage di RAMI – che realizzo utilizzando diversi supporti e tecniche – trasformano la memoria di vite passate, la ricreano e la preservano per il futuro, un futuro diverso da quello che le persone che scrivono, fotografano o vengono ritratte hanno vissuto, un futuro che viene modificato dall’interpretazione che ognuno di noi è libero di dare ai miei lavori. Il passato ha un duplice valore in quanto strumento di ricerca, ci aiuta a confrontarci con la nostra memoria collettiva e ci permette di scoprire parti di noi stessi. RAMI è un progetto sulla memoria e su come vi incida il passare del tempo, un progetto che vuole riflettere e restituirci il senso del qui e ora, così prezioso e fuggevole.

Nei tuoi laboratori lavori con bambini e ragazzi. Come si confrontano con gli archivi della memoria? Cosa trovano persone così giovani nella scrittura di lettere, cartoline e diari?

Tra i miei progetti paralleli c’è quello di trascrivere diari di famiglia creando mini-libri cartacei e di organizzare dibattiti, laboratori e workshop sul ruolo della memoria individuale nei processi artistici, sulla comunicazione analogica e sulla scrittura a mano. L’idea di presentare il progetto RAMI ai bambini delle scuole elementari e ai ragazzi delle scuole medie nasce dalla consapevolezza che la memoria è un gioco che deve essere stimolato e allo stesso tempo una funzione psichica con cui è bene sapersi rapportare sin da bambini. Prima di tutto mostro loro il materiale d’archivio e li coinvolgo nel processo di scrittura di lettere, cartoline e diari. Durante l’esplorazione dell’archivio racconto ai ragazzi anche un po’ di storia della comunicazione: dalle cartoline postali a oggi. Un momento importante è poi quello dell’esperienza condivisa, ovvero scrivere e disegnare la lettera, imbucarla, attendere e infine provare l’emozione di riceverne una.
È un gioco che li indirizza verso un antico modo di comunicare che richiede tempo e cura. Sin da subito ho verificato che la maggior parte dei partecipanti non è più abituata ad avere un “diario segreto”, molto raramente scrivono cartoline e quasi mai lettere. Nonostante ciò l’esperienza del laboratorio e di un approccio più intimo alla scrittura per tutti risulta positivo, divertente e denso di emozioni.

RAMI – Collage di fotoromanzi

Un libro che consigli.

“Gli anni” di Annie Ernaux. «Una delle voci più autorevoli del panorama culturale francese», come leggiamo sul sito de L’orma editore che la pubblica in Italia (e non smetterò mai di ringraziarli per questo). Ho scelto il suo titolo più famoso e premiato, ma leggete tutto quello che potete dell’immensa Ernaux. Scoprirla è stato cruciale. È per me fonte di grande ispirazione, tra i principali aspetti della sua poetica, la densa riflessione sulla memoria individuale che si muta in collettiva e viceversa. «Salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più»: quando lessi questa frase – che chiude il romanzo – piansi e compresi cosa dovevo fare con RAMI.

Un progetto che ti ha entusiasmato.

Per mia indole e formazione adoro lavorare in gruppo. Esperienze come quelle del Funzilla Fest e del Paper Market, ad esempio, sono state essenziali per la mia crescita, lo sono tutti gli eventi in cui ho avuto modo di confrontarmi con altre persone. In effetti il mio progetto è un viaggio individuale che a volte si combina in uno speciale crossover, quello con Carolina Farina. Amica, artista, fotografa e partner in crime. La nostra ricerca artistica ha molte affinità e insieme abbiamo realizzato diversi progetti. Spesso ci vediamo anche solo per parlare dei nostri percorsi, per confrontarci. Un rapporto prezioso e insostituibile in cui siamo da stimolo e da supporto l’una all’altra. 

RAMI – Opera realizzata in collaborazione con Carolina Farina

Una passione che ti aiuta a prendere fiato e trovare idee per il tuo lavoro.

RAMI è la mia passione ma è anche la mia ossessione. Talvolta è anche la mia dannazione, soprattutto adesso che devo sistemare il mio sito, non ne verrò mai fuori… È tutto collegato, ciò che siamo e ciò che creiamo. Poi ci sono mille lucciole attorno a me, non smettono mai di brillare, mi fanno prendere fiato e mi ispirano: i miei amici, gli hobby che possono andare dalla cucina al disperato tentativo di non far morire una pianta grassa, ci sono le giornate nei musei, le mie città – Roma e Berlino – così diverse e così necessarie per il mio equilibrio. E infine c’è lei, l’unica e sola AnnieOz, detta Quella, la mia gatta, da 14 anni mio unico e insostituibile spirito guida.

RAMI – Artwork 2_6

Un personaggio che ti ispira.

Non ho dubbi: Nick Cave. Da sempre, da più di trent’anni. La sua arte è feroce e commovente. Le emozioni di cui parla sono tutte racchiuse in noi, attraverso la sua musica si liberano e si trasformano, generano esplosioni catartiche. E accarezzo la sua anima, così preziosa, quando scrive: «Because someone’s gotta sing the stars. And someone’s gotta sing the rain. And someone’s gotta sing the blood. And someone’s gotta sing the pain».
Infine, nei confronti di Nick provo un profondo senso di gratitudine quando ci incontriamo nel territorio della memoria. Leggo e rileggo questa frase e mi dico di non mollare, mi dico che Rami appartiene a tutti noi o almeno vorrei fosse così: «Memory is what we are. Your very soul and your very reason to be alive are tied up in memory».

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