“Dal Passato” è la nostra serie di longreads su temi legati alla storia del design, del digitale e dell’editoria curate da professionisti appassionati, impegnati a esplorare il mondo di oggi tenendo sempre in tasca le conquiste di ieri. State leggendo il primo articolo di un percorso nella storia della grafica e dell’editoria indipendente a cura di Francesco Ciaponi.
Il cuore della grafica psichedelica risiede nel significato del termine esperienza: chi si occupa di design può trovare molto su cui riflettere nel percorso di questa corrente artistica.
Inizia qui il nostro viaggio nella grafica alternativa, alla scoperta di sentieri meno esplorati che siano di ispirazione al nostro lavoro di progettisti.
Cos’è la psichedelia?
Il termine “psichedelico” deriva dall’inglese psychedelic, coniato nel 1957 dallo psichiatra canadese Humphry Osmond sulla base dei termini greci per “anima” e “manifestare”: quindi, alla lettera, la psichedelia è “rivelatrice di psiche”. L’effetto di “allargamento di coscienza” a cui la psichedelia è associata è indotto dagli allucinogeni, principalmente LSD.
Probabilmente ci troviamo d’accordo nel definire esperienza la partecipazione in prima persona ad un evento. E se riferiamo questo termine all’arte, potremmo ampliare il concetto includendo una nuova concezione della produzione e della fruizione in cui lo spettatore, chiamato a interagire con l’opera, ha un ruolo necessario.
L’arte diventa partecipazione, non è più semplice ammirazione. Cosa succede quando si fa esperienza della grafica psichedelica?
La grafica psichedelica: immersione, coinvolgimento, partecipazione
La grafica psichedelica è un’esperienza visiva primordiale, che vuole coinvolgere lo spettatore, favorire la sua immersione nell’opera al punto da modificarne i criteri percettivi e arrivare a cambiarlo, renderlo diverso, nuovo. Dall’esperienza visiva deve uscire un uomo rinnovato, che deve vivere e costruire una società nuova: una meta utopica, forse ingenua, per cui lottare; un cambiamento radicale da inseguire, avvertito come un’impellenza individuale e collettiva.
La grafica psichedelica è un collegamento ideale fra l’arte contemporanea, la cultura popolare e quella di protesta. Il suo sforzo è quello di raggiungere un’arte estatica, stimolo verso un vero e proprio sfogo dei sensi dovuto in gran parte alla diffusione di agenti allucinogeni. È il risultato di un’interazione tra arte, tecnologia, cultura della droga, musica, e molte altre influenze che sprigionano un’estetica intrisa di spirito di liberazione.
Uno degli aspetti da cogliere è l’ampliamento della gamma di forme, colori e supporti innescati dall’allargamento della coscienza, connesso a una nuova percezione dello spazio che favorisce la fusione di tecniche differentissime tra loro. E l’emergere della performance come forma d’arte in cui il corpo umano e tutti i suoi sensi si fanno strumenti percettivi da stimolare per raggiungere uno stato di estatica esasperazione o apatica contemplazione interiore attraverso la musica, il cinema, i poster e la fotografia.
Da dove arriviamo
Da un punto di vista artistico le influenze da cui la psichedelia attinge a piene mani vanno dal Surrealismo al fantastico fino alla Pop ma soprattutto la Op Art. Le influenze maggiori provengono però da un trio di artisti diversissimi fra loro.
- Hieronymus Bosch, pittore olandese (1453-1516), comunica attraverso le sue opere immagini tanto oscure quanto visionarie: lo spettatore non cessa mai di individuare particolari simbolici e fantasiosi in un rimando di suggestioni potenzialmente infinito.
- William Blake, poeta e pittore inglese (1757-1827). Uno dei temi centrali della sua opera è la forza della visione intesa come la facoltà in grado cambiare il mondo. Blake ha imposto allo spettatore un ruolo attivo, spingendolo ad essere parte integrante delle sue opere fatte di visioni apocalittiche e ancestrali.
- Alphonse Mucha (1860-1939) e Aubrey Beardsley (1872-1898). Entrambi, esponenti dell’Art Nouveau, hanno ispirato il mondo della grafica psichedelica dimostrando la loro attualità anche e soprattutto a distanza di decenni.
Dalla letteratura all’arte
Il fenomeno culturale che va sotto il nome di psichedelia affonda le sue origini nella seconda metà degli anni Cinquanta quando gli scrittori della Beat Generation come William Burroughs, Jack Kerouac e Allen Ginsberg iniziano ad assumere sostanze come cannabis, benzedrina, LSD.
Le sostanze allucinogene vengono studiate come nuova forma di espansione della coscienza da personaggi quali Timothy Leary (1920-1996) e Aldous Huxley (1894-1963) che tramite le loro opere contribuiscono a influenzare il pensiero di una nuova generazione di ragazzi.
A metà degli anni Sessanta, a partire dalla città di San Francisco, la cultura psichedelica inizia a produrre arte in tutte le sue forme: dalla musica poi definita acid rock, al cinema con la New Hollywood, fino alla grafica delle riviste underground e ai poster dei leggendari Big Five.
Negli anni Sessanta l’arte psichedelica esce dagli ambiti deputati all’arte per mostrarsi in tutte le sue manifestazioni: body painting, murales, vestiti e ogni tipo di accessori diventano territorio di sperimentazioni per vere e proprie esperienze visive.
La grafica psichedelica a San Francisco: Allen Cohen
A San Francisco vive Allen Cohen, poeta ed editore di una delle più belle riviste psichedeliche, il “San Francisco Oracle”.
Il progetto nasce nel 1966 dalla volontà di Cohen di tradurre su carta le esperienze del cosiddetto acid trip. Per questo stravolge tutti i canoni editoriali, distrugge la griglia tipografica, i concetti di leggibilità del testo. Sperimenta l’uso del colore realizzando un magazine che, anche a distanza di settanta anni, riesce a destabilizzare il lettore costringendolo a entrare nel mood caotico e bellissimo di queste pagine.
Il seme piantato da Cohen è destinato a far fiorire decine di altri magazine quali “The Berkeley Barb” (1965), “The Rag”(1966), “The Chicago Seed”(1967) e “The Bird”(1968) che riempiranno gli occhi di giovani affamati di colori, stravaganze e libertà.
Il cuore della rivoluzione grafica della psichedelia è nei già citati Big Five: un gruppo di artisti provenienti da percorsi diversissimi che si ritrovano a lavorare insieme nel creare gli ormai celebratissimi poster. Una produzione che cancella il concetto di manifesto in voga fino agli anni Sessanta e lo sostituisce con un’esperienza visiva del tutto nuova, che ribalta le leggi della grafica quali l’immediatezza comunicativa, la facilità di trasmissione del contenuto e la proporzionalità degli elementi legata alle priorità informative.
È quella tanto sconfinata quanto originale ed innovativa di Victor Moscoso, Stanley Mouse, Wes Wilson, Alton Kelley e Rick Griffin.
Dagli Stati Uniti all’Europa
È in Inghilterra che il messaggio artistico della psichedelia viene recepito in maniera più interessante: citiamo Martin Sharp, art director di “OZ Magazine” (1967), la rivista di Richard Neville che dimostra quanto possa essere bello fare a pezzi i cardini della classica grafica editoriale.
Sharp è collagista e pittore, e le sue opere sono caratterizzate da pastiche abbaglianti di fumetti, cartoon e opere ispirate ai grandi del passato come Hokusai e Van Gogh.
Le sue sono opere iconiche, sia che si tratti di cover di dischi quali Disraeli Gear dei Cream, sia che si tratti di “OZ Magazine” o dei poster.
Anche in Italia ci sono tracce di questa nuova concezione dell’arte grafica in riviste quali “Pianeta Fresco” (1967) della coppia Sottsass/Pivano fino a realtà quali “Get Ready” (1971) di Barnaba Fornasetti, famoso per l’iconica forma a spinello del primo numero.
E oggi?
Cosa rimane oggi della grafica psichedelica? La risposta è sparsa in infiniti riferimenti estetici e culturali solo apparentemente marginali.
Nel mondo grafico, la poster art è ormai considerata un genere a sé stante, con regole e riferimenti propri.
Pensiamo ad artisti come Adam Pobiak, Dirty Donnie Gillies, DKNG o Chuck Sperry che forse rappresentano il vero anello di congiunzione fra la tradizione artigianale degli anni Sessanta e l’attuale innovazione digitale sempre fedele però alla tecnica serigrafica.
Allargando un po’ gli orizzonti e parlando della produzione editoriale attuale, notiamo che il trend stilistico è a favore della pulizia visiva, della grafica minimale e dell’utilizzo forsennato della griglia. Ma anche in questo caso, a guardare bene, esistono numerosi esempi di come la psichedelia sia ancora viva e vegeta.
Pensiamo a magazine indipendenti come l’australiano “No Cure”, al tedesco “Flaneur”, al californiano “Wet”, oppure allo speciale dedicato proprio alla grafica psichedelia da “Eye on Design”, la rivista ufficiale di AIGA, forse la più grande associazione di professionisti legati al design di tutto il mondo. Riviste più o meno indipendenti che rivisitano la grafica psichedelica secondo gli attuali trend e che con strumenti digitali ne trasformano la percezione mantenendo al centro il concetto di esperienza visiva.
Anche nell’esplosione del fumetto degli ultimi decenni si può intravedere una certa influenza della psichedelia. Su questo aspetto, oltre a citare il nostro grande Gianluca Lerici, conosciuto come Professor Bad Trip, possiamo guardare alle figure di Jesse Jacobs e Carles Garcia O’Dowd che, in modi diversi fra loro, riportano a galla la disarmante capacità di estraniarsi dalla realtà in favore di universi paralleli fatti di colore e allargamento della percezione visiva.
Colori impazziti, impaginazione a prima vista caotica, immagini in simbiosi con testo e forme del lettering irregolari ritornano a essere fattori determinanti con cui il lettore deve forzatamente fare i conti.
In generale, sia pur con una piccola minoranza di audaci scopritori e talenti creativi fuori dalle regole, la grafica psichedelica riesce ancora oggi a stimolare e interessare milioni di persone. Questa è la sua storia: una storia dedicata a chi da sempre sente la necessità di immaginare una realtà diversa da quella in cui vive, o forse sopravvive.
Note
1. Psichedelico, Treccani
Crediti
Foto 1: nessun credito
Foto 2: https://www.ilsuperuovo.it/esegesi-della-poetica-di-william-burroughs-in-due-omicidi/
Foto 3: Getty Images – Dr Timothy Leary
Foto 4: http://www.wes-wilson.com/ww-writings/are-we-next
Foto 5: http://www.victormoscoso.com/gallery1.htm
Foto 6: https://www.rickgriffindesigns.com/concert-posters
Foto 7: Mr Allen Cohen, The San Francisco Oracle, CreateSpace Independent Publishing Platform, 2011
Foto 8: http://www.robertnewman.com/underground-newspapers-the-chicago-seed-part-1-1967-68/
Foto 9: Francesco Ciaponi, Underground: ascesa e declino di un’altra editoria, Edizioni del Frisco, Santa Croce sull’Arno, 2018